venerdì 17 novembre 2017

CICLO DI DEMING: Obiettivo--> il successo dell'utilizzatore

Il PDCA rappresenta l’approccio scientifico alla risoluzione dei problemi. E’ una metodologia di validità universale in quanto consente di affrontare in maniera rigorosa e sistematica qualsiasi attività. Il termine PDCA deriva dalle iniziali delle quattro fasi in cui è possibile suddividere il processo di problem solving, che hanno questo significato: P = PLAN = pianificare prima di iniziare => DIRE CIO’ CHE SI FA D = DO = fare ciò che si è deciso => FARE CIO’ CHE SI E’ DETTO C = CHECK = misurare i risultati => REGISTRARE CIO’ CHE SI E’ FATTO A = ACT = standardizzare e rendere procedura o ripetere un nuovo ciclo => MIGLIORAMENTO CONTINUO Dal punto di vista grafico il P.D.C.A. è rappresentato mediante un cerchio in movimento chiamato ruota di Deming. Il movimento sta a significare la dinamicità e la continuità del processo di applicazione.
CICLO    P D C A
    •  Individuare il problema (PLAN)
      1. Identificare e descrivere il problema da affrontare analizzandone gli aspetti principali. Motivare la scelta ossia il motivo per cui lo si affronta. Per descrivere bene il problema è necessario raccogliere i dati tramite osservazione e analisi. Bisogna utilizzare solo i dati e i fatti, non le opinioni, e devono essere verificati per validità e attendibilità. Poiché eseguire una raccolta dati di tutti gli elementi che identificano un fenomeno può risultare troppo costoso e lungo, è necessario raccogliere i dati solo su particolari campioni che devono essere comunque rappresentativi e significativi. Significatività: tutti i dati devono avere una consistenza numerica e possono essere stratificati in diversi modi per renderli significativi. Rappresentatività: i dati devono garantire una corretta rappresentazione del fenomeno.Tra gli strumenti più adatti vi sono il BRAINSTORMING, il DIAGRAMMA DI FLUSSO.
      2. Definire l’obiettivo di massima in modo chiaro, quantitativo e completo, quantificando i benefici ottenibili con il suo raggiungimento, come gli effetti economici, sia tangibili che intangibili. Devono essere definiti anche i tempi, gli indicatori e gli strumenti di controllo.
      3. Analizzare il problema ossia analizzare i dati che lo descrivono e individuare gli effetti negativi o da studiare, definendo la loro importanza e le priorità di intervento. Ogni azione di miglioramento deve essere basata su considerazioni oggettive, cioè sul risultato dell’elaborazione di datiche rappresentino nel modo più attendibile il fenomeno oggetto di studio.Un buon strumento per l’analisi dei dati è l’ISTOGRAMMA.
      4. Ricercare tutte le possibili cause, ossia sviluppare un quadro completo di tutte le cause del problema e individuare le cause più probabili (ipotesi), quindi verificarle con raccolte dati, elaborazioni, sperimentazioni, ecc. E’ necessario trovare un accordo sulle cause che stanno all’origine del problema e definire la “legge di priorità”, iterando il processo fino all’individuazione dimostrata delle reali cause. Gli strumenti più utilizzati per individuare le cause di un problema sono il DIAGRAMMA CAUSA EFFETTO, il BRAINSTORMING, il DIAGRAMMA DI CORRELAZIONE, il DIAGRAMMA DI PARETO.
      5. Progettare le azioni correttive, iniziando dalla ricerca e dall’analisi delle possibili azioni correttive ed individuare le azioni correttive più efficaci, quindi progettare le attività da eseguire, definendo modalità e tempi e infine definire i criteri di valutazione dei risultati.
    • Sperimentare (DO)Preparare gli interventi definendo tutto ciò che serve per attuarli. Addestrare le persone incaricate dell’attuazione delle azioni correttive. Applicare le azioni correttive e attuare le soluzioni programmate. Verificare la corretta applicazione delle azioni.
    • Confrontare i risultati (CHECK)Verificare che l’azione correttiva sia stata eseguita nei tempi previsti. Verificare i risultati delle azioni intraprese e confrontare i dati ottenuti con quelli della situazione di partenza. Confrontare i risultati ottenuti con gli obiettivi prefissati. Se si è raggiunto l’obiettivo definito, si può passare alla fase di Act, altrimenti è necessario ripetere un nuovo ciclo PDCA sullo stesso problema, analizzando criticamente le varie fasi del ciclo precedente per individuare le cause del non raggiungimento dell’obiettivo.
    • Standardizzare la soluzione (ACT)Rendere prassi comune la soluzione trovata (PROCEDURIZZARE) in modo da rendere consolidate e irreversibili le azioni correttive. E’ inoltre necessario effettuare un addestramento specifico e approfondito degli operatori e programmare delle verifiche della validità delle azioni correttive, stabilendo fin da subito modalità e tempi.
Eventualmente preparare una nuova fase di plan attivando un nuovo PDCA sullo stesso tema per un ulteriore miglioramento => attivazione del MIGLIORAMENTO CONTINUO.

Utilizzo sistematico del PDCA.

Il metodo PDCA può essere utilizzato per perseguire il miglioramento continuo, attivando i tre cicli descritti di seguito.
      1. CICLO DEL MANTENIMENTO E’ il ciclo che si inserisce a valle delle fasi PLAN e DO ed ha la finalità di verificare se quanto pianificato ed attuato continua a dare i risultati attesi. In caso di CHECK positivo la fase ACT consiste nel mantenere lo stato attuale e continuare a verificarne la rispondenza ai requisiti. In caso di CHECK negativo, invece è necessario riattivare il ciclo dell’azione correttiva.
      2. CICLO DELL’AZIONE CORRETTIVA Qualora l’esito del CHECK sia negativo, ossia i risultati ottenuti non siano quelli desiderati, si attiva il ciclo dell’azione correttiva per modificare la situazione. Il ciclo è caratterizzato da due componenti:
        • il rimedio, ossia l’azione immediata finalizzata a correggere gli effetti
        • la prevenzione, ossia l’azione pianificata finalizzata a rimuovere le cause.
        Quando il CHECK ritorna ad essere positivo, si attiva nuovamente il ciclo del mantenimento.
      3. CICLO DEL MIGLIORAMENTO Questo ciclo presuppone una corretta attuazione dei primi due cicli in quanto il miglioramento è tanto più efficace quanto più stabile è la situazione iniziale. Il ciclo di miglioramento si attiva quando, nonostante il ciclo di mantenimento indichi risultati positivi, è necessario che nascano nuove idee su come fare meglio, in modo più semplice, meno costoso, più veloce, più sicuro, ecc. E’ quindi necessario ripartire dalla fase PLAN in quanto occorre “progettare” nuove azioni per raggiungere nuovi obiettivi. Se dopo l’applicazione di queste azioni (fase DO) il CHECK da esito positivo, allora si torna al ciclo di mantenimento, altrimenti si attiva quello dell’azione correttiva.

Come realizzare un istogramma

L’istogramma è un diagramma a barre che consente di visualizzare la variabilità di un fenomeno ren­dendo più facilmente interpretabili i dati relativi. Se i fattori che influiscono sui processi (uomo, macchina, materiali, metodi, ecc.) fossero perfettamente costanti, i dati relativi all’output dei processi stessi avrebbero tutti lo stesso valore. In realtà ciò non accade mai, per cui è inevitabile avere una certa variabilità nei valori. L’utilizzo dell’istogramma è finalizzato allo studio di tali variabilità, attraverso l’analisi della forma della loro distribuzione, del valore medio e della dispersione. Permette, inoltre, di valutare l’entità degli eventuali scostamenti tra risultato atteso (specifiche) e quanto si è realmente ottenuto, fornendo indicazioni sulla tipologia delle possibili cause di tali scosta­menti. L’ istogramma è anche uno strumento fondamentale nelle attività di controllo dei processi. La costruzione dell’istogramma avviene secondo le seguenti fasi:
      1. Raccolta di N dati relativi al fenomeno in esame Xi = caratteristica dell’output di un processo
      2. Calcolo del campo di variazione R = X max – X min (valore max – valore min)/li>
      3. Determinazione del numero di classi K = N½
      4. Calcolo dell’ampiezza di classe h = R / K
      5. Calcolo dei limiti di classe classe 1 : ( X min ) / ( X min + h )
      6. Costruzione della tabella di frequenza
      7. Definizione degli assi cartesiani X = caratteristica Y = frequenza<
      8. Rappresentazione con barre dei dati riportati nella tabella di frequenza.

Come realizzare un diagramma causa effetto

Il diagramma CAUSA – EFFETTTO è una forma di rappresentazione logica e strutturata dei legami esi­stenti tra un effetto e le sue relative cause. Con il termine effetto si intende un qualunque problema si voglia analizzare, può quindi essere un tipo di difetto, una caratteristica qualitativa, un parametro di produttività ecc. La finalità di questo diagramma è la ricerca delle cause che determinano un problema, essendo questa la condizione indispensabile per la sua soluzione. Solo individuando le vere cause è possibile determinare le opportune azioni di miglioramento fina­lizzate alla loro eliminazione. Questo si inquadra nell’ottica di prevenzione dei problemi attraverso azioni sulle cause che li generano, anziché di correzione degli stessi, ottenuta con rimedi rivolti ad ot­timizzare gli effetti. L’applicazione del diagramma prevede 3 momenti distinti:
      1. Costruzione del diagramma Facendo riferimento ad un effetto specifico da analizzare, chiaramente definito, si individuano tutte le possibili cause che possono determinarlo. Tali cause possono essere strutturate in grandi famiglie, come ad esempio:
        • Metodo,
        • Macchine,
        • Manodopera,
        • Materiali,
        oppure per fasi del processo cui l’effetto si riferisce
      2. Selezione delle cause Tra tutte le possibili cause si selezionano quelle ritenute più influenti sull’effetto, questa valutazione si basa su dati storici o dati raccolti ad hoc e sull’esperienza delle persone.
      3. Verifica delle cause Si verifica, medianteraccolte dati e sperimentazioni appropriate, la reale influenza delle cause selezionate per individuare quelle prioritarie.

Come realizzare un diagramma di Pareto

Si rivela molto utile l’utilizzo del diagramma di Pareto poiché permette una rappresentazione gra­fica immediata ed efficace degli aspetti prioritari di un problema. In tal modo è possibile concentra­re le risorse disponibili su di essi, incrementando sia la probabilità di successo che l’entità stessa dei miglioramenti ottenibili. L’utilizzo del diagramma di Pareto è possibile in qualsiasi campo ed offre un valido supporto nella fase di pianificazione delle attività di miglioramento in quanto consente di stabilire quali aree af­frontare in relazione agli obiettivi prefissati. L’applicazione del diagramma prevede: Costruzione della tabella di frequenza Sulla base dei dati raccolti, relativi al problema in esame, si costruisce una tabella nella quale ven­gono riportate, in ordine decrescente, le varie voci di classificazione (CLASSI), le frequenze di accadi­mento corrispondenti (assolute e cumulate) e le percentuali di incidenza (assolute e cumulate). Le voci di scarsa rilevanza vengono invece raggruppate nella classe “Altri” al fine di rendere più evi­den­te l’individuazione della priorità. Costruzione del diagramma Si procede quindi a tracciare l’asse orizzontale, sul quale si riportano le diverse voci di classificazio­ne, e gli assi verticali, relativi alle frequenze di accadimento ed alle percentuali. Sulla base dei dati riportati in tabella, vengono quindi costruite, per ciascuna voce di classificazione, barre di uguale lunghezza e di altezza corrispondente ai valori assoluti e percentuali. Si traccia, inoltre, la cosiddetta curva cumulativa, che rappresenta la somma progressiva delle fre­quenze di accadimento e delle relative percentuali. Per l’interpretazione del diagramma di Pareto, in ottica di individuazione delle priorità di inter­vento, può essere opportuno costruire anche il diagramma per costi. Spesso, in­fatti, a pro­blematiche di modesta rilevanza numerica possono corrispondere elevati costi.

Sintesi del metodo PDCA

PLAN – INDIVIDUARE IL PROBLEMA
  • identificare il problema
  • raccogliere i dati
  • definire gli obiettivi
  • analizzare le cause
  • ipotizzare e definire le soluzioni
DO – SPERIMENTARE (TEST)
  • applicare le azioni correttive
  • verificarne l’applicazione
CHECK – CONFRONTARE I RISULTATI
  • verificare i risultati delle azioni intraprese
  • confrontare con gli obiettivi prefissati
ACT – STANDARDIZZARE LA SOLUZIONE
  • rendere prassi comune la soluzione trovata
  • preparare una nuova fase di plan.

LEZIONI DI MICROSCOPIA: apertura numerica e risoluzione, mezzi di immersione

L'apertura numerica dell'obiettivo di un microscopio è la misura della sua capacità di raccogliere luce e di risolvere i dettagli del campione a una certa distanza. Le onde luminose che formano l'immagine passano attraverso il campione ed entrano nell'obiettivo in un cono invertito 





 La luce bianca consiste in un ampio spettro di onde elettromagnetiche, le cui lunghezze d'onda variano tra 400 e 700 nanometri; 1 millimetro equivale a 1000 micron e 1 micron equivale a 1000 nm. La luce di colore verde ha un intervallo di lunghezze d'onda a 550 nm, che corrisponde a 0,55 micron. Quando visualizzo al microscopio un oggetto piccolo, la luce incidente viene diffratta in modo che si discosti dalla direzione originale (Figura 1 (a)). Più piccolo è l'oggetto, più pronunciata sarà la diffrazione dei raggi luminosi incidenti. Valori più alti di apertura numerica consentono a raggi sempre più obliqui di entrare nella lente frontale dell'obiettivo, che produce un'immagine più altamente risolta e consente di visualizzare strutture più piccole con maggiore chiarezza.

Un semplice sistema di microscopia è costituito da un obiettivo e un campione illuminato da un fascio di luce collimato, che è il caso in cui non viene usato il condensatore. La luce diffratta dal campione è presentata come un cono invertito di mezzo angolo (α), che rappresenta i limiti di luce che possono entrare nell'obiettivo. Per aumentare l'apertura effettiva e il potere di risoluzione del microscopio, viene aggiunto un condensatore (Figura 1 (b)) per generare un cono di raggio sul lato di illuminazione del campione. Ciò consente all'obiettivo di raccogliere fasci di luce che sono il risultato di più ampi angoli di diffrazione, aumentando la risoluzione del sistema microscopico. La somma degli angoli di apertura dell'obiettivo e del condensatore viene definita apertura di lavoro. Quando l'angolo di apertura del condensatore è uguale a quello dell'obiettivo, si ottiene la risoluzione massima.

Per poter confrontare due obiettivi e ottenere un controllo quantitativo sulla risoluzione, l'apertura numerica (o la misura dell'angolo solido coperto da un obiettivo) è definita come:

Apertura numerica (NA) = η • sin (α)             (1)

dove α è uguale alla metà dell'angolo di apertura dell'obiettivo e η è l'indice di rifrazione del mezzo di immersione utilizzato tra l'obiettivo e il vetrino protettivo che protegge il campione (η = 1 per l'aria; η = 1.51 per l'olio o il vetro). Esaminando l'equazione (1), è evidente che l'indice di rifrazione è il fattore condizionante nel raggiungere aperture numeriche superiori a 1,0.  Sin(90°)=1 il che suggerisce che l'apertura numerica è limitata non solo dall'apertura angolare, ma anche dall'indice di rifrazione del mezzo. In pratica, gli angoli di apertura superiori a 70-80 gradi si trovano solo negli obiettivi più performanti (che in genere costano migliaia di dollari).

La risoluzione di un microscopio ottico è definita come la distanza più piccola tra due punti su un campione che può ancora essere distinto come due entità separate. La risoluzione è direttamente correlata all'amplificazione utile del microscopio e al limite di percezione del dettaglio del campione, sebbene sia un valore alquanto soggettivo in microscopia perché ad alto ingrandimento, un'immagine può apparire sfuocata ma deve ancora essere risolta alla massima capacità del microscopio. obiettivo e assistenza componenti ottici. A causa della natura ondulatoria della luce e della diffrazione associata a questi fenomeni, la risoluzione di un obiettivo del microscopio è determinata dall'angolo delle onde luminose in grado di entrare nella lente frontale e pertanto si dice che lo strumento sia diffrazionalmente limitato.


Gli osservatori perderanno le sfumature nell'immagine se l'obiettivo proietta sul piano dell'immagine dettagli più piccoli del potere risolutivo dell'occhio umano (situazione tipica a bassi ingrandimenti e aperture numeriche elevate). Il fenomeno dell'ingrandimento vuoto si verifica se un'immagine viene ingrandita oltre il potere risolutivo fisico delle immagini. Per questi motivi, l'ingrandimento utile per l'osservatore dovrebbe essere superiore a 500 volte l'apertura numerica dell'obiettivo, ma inferiore a 1.000 volte l'apertura numerica.